Una storia singolare quella di Andy Kaufmann. Prima comico da cabaret, poi intrattenitore assolutamente imprevedibile e provocatore portato al successo dal produttore George Shapiro nella sitcom “Taxi”. Un film sulla sua vita era inevitabile ed è arrivato, puntuale, nel 1999 con una straordinaria e riuscitissima interpretazione di Jim Carrey. Il titolo, Man on the moon, è preso in prestito da un famoso e intrigante brano dei R.E.M. scritto qualche anno prima e dedicato proprio alla memoria di Kaufman. È una canzone dolce, accompagnata dalle chitarre acustiche tipicamente americane di Peter Buck che hanno reso il suono della band famoso nel mondo con brani rimasti nella storia come Loosing my religion.

In questi giorni di luna piena e di una quasi estate anticipata osservo il cielo e rifletto, in una già tiepida notte riminese, su quanta musica, quante parole, quante ispirazioni sono nate dal satellite bianco che illumina le nostre notti riflettendo la luce del sole.

Man on the moon è una di queste. Ma tornando nella nostra bella e martoriata Italia troviamo abbondanza di materiale musicale “lunare”… Guarda che luna di Fred Buscaglione con il suo sapore retrò e romantico, E la luna bussò forse uno dei brani più famosi e graffianti di Loredana Bertè, Luna che ha portato fino ad oggi il nome di Gianni Togni e di quella prospettiva del mondo vista da un oblò. Nel 1984 Fiordaliso portava a Sanremo Non voglio mica la luna chiedendo solo un paio di ali da aliante, sicuramente un modo ecologico di volare.

L’ultima luna di un Lucio Dalla ispiratissimo nel 1979, riporta il nostro girovagare – satelliti del satellite – ad una condizione di poesia molto elevata. Un album omonimo “Lucio Dalla” che ha dato lo spazio anche ad uno dei capolavori massimi della musica italiana, raccontando la storia di quelle periferie che all’epoca portavano addosso ancora un po’ di aria romantica e di storie dolci come quella di Anna e Marco.

Si, pare strano. Ma anche un rocker tutto d’un pezzo come Vasco Rossi cede al fascino della luce pallida lunare e, con un testo decisamente suo, ci racconta di una luna a cui parlare, a cui confidarsi, con cui confrontarsi. Dillo alla luna è un brano del 1989 contenuto nell’album “Liberi liberi”, arrivato dopo il grande successo di “C’è chi dice no”. Un album dalle sonorità meno rock e più sperimentali (per l’epoca). A dire il vero sonorità che col tempo invecchiano e basta senza diventare affascinanti. Per fortuna c’erano le canzoni.

E poi ancora Spunta la luna dal monte dei Tazenda e Pierangelo Bertoli, la delicatissima Signora Luna con cui Vinicio Capossela arriva nel nuovo millennio fino al dirompente sarcasmo di Caparezza in Vengo dalla luna. Applauso.

La storia tutto sommato è prevedibile. È fatta di cantici dedicati a quello che è il corpo celeste più vicino e più influente nelle notti d’estate, in cui ci permettiamo di puntare il naso al cielo con un po’ più di libertà nella testa. Ma quella che sorride è sempre la faccia illuminata. Dietro, nell’apparente buio del cosmo, c’è quella che i Pink Floyd hanno esplorato creando la loro opera più ispirata e lungimirante di tutte – e forse dell’intera produzione musicale moderna – The Dark Side of the Moon. Un album intero dedicato al mistero del lato oscuro delle cose per arrivare a capire che tutto è assolutamente relativo, che il sopra e il sotto sono solo punti di vista e che di fatto, come recita la voce finale sul vinile dopo diversi minuti di silenzio assoluto, “Non esiste alcun lato oscuro della luna. Nella realtà dei fatti è tutta scura. L’unica luce che la fa sembrare luminosa è quella del sole”.

Nulla è come sembra.

 

Apparso su “La Voce di Reggio Emilia” – Emiliano Fantuzzi ©

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