La musica è storia. Storia di quello che accade e di quello che accadrà. La canzone è testimone del suo tempo e a volte capita che possa persino segnare la direzione di una società intera. È un fatto più o meno noto, di cui non sempre si ha coscienza. Alla fine la radio si accende e si ascolta, distrattamente. Si assorbe senza scegliere, così come tutto quello che arriva dagli altoparlanti del soffitto di un centro commerciale o di una pizzeria da asporto o da quello dei bagni di un qualsiasi aeroporto. Non si sceglie nemmeno quella che dalle pubblicità televisive aggredisce con insistenza i nostri sensi. Di base scegliamo poco, di tutto. Libertà? Omologazione.
Ma la musica è storia, e lascia il segno. E se non scegliamo, il segno è premeditato. Non è una novità del resto che molti artisti nei decenni passati siano stati controllati o addirittura utilizzati per diffondere modi di essere, o forse di “non” essere. La scelta, alla base di tutto. La ricerca è fatica ma porta sempre risultati, anche quando non porta a nulla. La ricerca è un viaggio, con tutte le sue insidie, con la soddisfazione incerta di un’esperienza complessa. Ma è un viaggio che nutre la personalità e definisce chi siamo. Altrimenti non siamo.
La musica è testimone del silenzio assordante che ci circonda, un vuoto entropico di usi e costumi omologati. Un girone di dolore sordo, che sa di cloroformio.
Scegliere, sempre. Dove andare, come essere, cosa dire, come indossare, cosa ascoltare. Permettere a qualsiasi cosa di arrivarci dentro è come essere nudi di fronte ad un plotone di arcieri. La morte della personalità. La personalità non è una moda, è un atteggiamento senza tempo. È la t-shirt che hai scelto di indossare, è la strada che hai scelto di prendere anche contro al parere del navigatore satellitare. È la musica che hai scelto di ascoltare anche se non era consigliata da Spotify. La via verso la libertà produce bene, produce nuovo, regala evoluzione. Vogliamo vivere meglio, allora dobbiamo cambiare i parametri del nostro giudizio altrimenti la battaglia è persa in partenza. Le regole del gioco non possono essere uguali per tutti. Siamo vivi, siamo unici. Il rischio è alto, il rischio è perdersi nel labirinto del nulla e morire di fame. E per non morire di fame si sa che si può essere disposti a tutto.
Le parole di Franco Battiato e Manlio Sgalambro risuonano ancora terribilmente attuali “Ho
sentito / urla di furore / di generazioni senza più passato / di neo-primitivi / rozzi cibernetici / signori degli anelli / orgoglio dei manicomi / Ho incontrato allucinazioni / stiamo diventando come degli insetti / simili agli insetti”
Puntiamo la sveglia, è ora.
Apparso su “La Voce di Reggio Emilia” – Emiliano Fantuzzi ©